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Editoriale

La Vita dei Campi narrata da Giovanni Verga

27 aprile 2020

Torino – Nel considerare il panorama letterario italiano dell’Ottocento, non é possibile non tenere conto della rilevanza di Giovanni Verga. Lo scrittore siciliano rappresenta, infatti, uno degli autori più significativi della generazione di letterati che espresse la sua produzione negli anni immediatamente successivi all’Unità. In un clima letterario segnato da un patriottismo estremo (che poteva sfociare in un nazionalismo acritico), Verga, che pure credeva fortemente nell’Unità e che aveva aderito agli ideali risorgimentali, rappresenta qualcosa di profondamente diverso.

Nel corso di un lungo soggiorno a Milano (dove collaborò con il Corriere della Sera), Verga ebbe l’opportunità di conoscere e studiare gli autori che stavano segnando la letteratura europea dell’epoca. L’incontro con Zola e con il naturalismo francese segnerà profondamente Verga, portandolo ad abbracciare la causa del “movimento” verista, in parte ispirato dal naturalismo ma tutto italiano nei suoi protagonisti.

“Vita dei Campi”, edita per la prima volta nel 1880, é una raccolta di novelle, strumento letterario preferito da Verga per raccontare la vita delle classi più povere della Sicilia dell’Ottocento. Tra di esse, Cavalleria Rusticana (da cui fu tratta anche una celebre opera lirica), Rosso Malpelo, che tratta della piaga del lavoro minorile nelle miniere di zolfo e Fantasticheria, che narra dell’incompatibilità tra la vita dei contadini e dei pescatori e quella degli aristocratici.

Nella raccolta non è presente un intento di riforma o denuncia sociale, ma solo una fredda e “scientifica” (siamo negli anni di grande influenza della cultura positivista) narrazione dei fatti, con i personaggi che divengono paradigmi di una condizione che riguarda tutte le classi svantaggiate del nostro Paese. L’incomunicabilità fra lo Stato e il popolo rappresenta, per l’autore, l’impossibilità di dare vita ad una riforma sociale incisiva ma allo stesso tempo in grado di non mettere in pericolo la salvaguardia delle istituzioni.

La visione di Verga, tuttavia, non gli preclude la possibilità di narrare con estrema precisione la “Vita dei Campi”, vestendo i panni quasi giornalistici di un inviato che, conoscendo bene la realtà, riesce a descriverla con precisione, senza alterare i fatti, ma descrivendo con attenzione una civiltà per certi versi lontana, ma le cui dinamiche non sono davvero cambiate del tutto nel corso dei decenni. Donato D’Auria