Torino – Tra poco meno di tre ore finirà ufficialmente la campagna elettorale delle elezioni politiche 2018 e inizierà il silenzio elettorale. Dopo mesi di promesse, alleanze e scontri arriverà il momento della verità per quasi tutti i protagonisti della scena politica degli ultimi anni: da Renzi a Di Maio, da Berlusconi a Salvini. Con una legge elettorale che favorisce le coalizioni e i partiti medio-piccoli, sembra difficile la nascita di un governo stabile. É probabile, dunque, che anche la nascente XVIII Legislatura sia segnata da un’instabilitá di fondo e da accordi tra diverse forze politiche (eventualità per ora esclusa dal Centrodestra, ma paventata dal centrosinistra e anche da Luigi Di Maio).
È difficile fare pronostici prima di un’elezione che si preannuncia storica, anche perché per la prima nella storia repubblicana ci si trova di fronte ad un sostanziale “tripartitismo” con tre schieramenti a giocarsi la maggioranza dei seggi. Il centro-destra, in ogni caso, viene dato in vantaggio in tutti i sondaggi e pare in grado di raggiungere una percentuale intorno al 30-32%. Solo dal 5 marzo, tuttavia, si potrà fare davvero luce su questa coalizione: se la Lega riuscirà a superare Forza Italia, Matteo Salvini potrà presentarsi in una condizione di forza per la scelta del Premier se, invece, Forza Italia riuscirà ancora a prevalere in questa “elezione interna” Antonio Tajani potrebbe iniziare la sua corsa verso Palazzo Chigi.
Il Movimento 5 Stelle, invece, prosegue apparentemente indisturbato nella sua corsa verso il governo. Questa settimana, inoltre, Luigi Di Maio ha presentato, per la prima volta nella storia d’Italia, una squadra di governo prima delle elezioni. La formula é la stessa delle giunte di Roma e Torino: pochissime personalità politiche, tanti esponenti della società civile e molti tecnici. La grande sfida, in questo caso, é quella di trasformare questa sorta di “Governo ombra” in una vera e propria squadra di governo. Ottenere una maggioranza operativa con un solo partito, tuttavia, sembra difficile (serve circa il 40-41%).
Abbastanza critica, almeno in apparenza, la situazione del PD e soprattutto del suo leader, Matteo Renzi, la cui popolarità sembra essere ai minimi storici. In questo momento è difficile immaginare una vittoria, anche parziale del centro-sinistra, anche se +Europa e “Insieme” potrebbero rivelarsi alleati preziosi (entrambi starebbero guadagnando consenso nei confronti di Liberi e Uguali, il cui accesso alla soglia di sbarramento del 6% potrebbe rivelarsi più problematico del previsto) sia per “rialzare” la coalizione che per la formazione di un governo di larghe intese.
A pochissimo dal voto, in ogni caso, vi é un’unica certezza: votare é necessario, soprattutto in un momento come questo, che appare decisivo per il futuro politico del Paese. Dopo ventiquattro anni, infatti, l’esperienza della Seconda Repubblica sembra essere giunta ad un punto di non ritorno: o riuscirà a cambiare pelle, riuscendo a far ripartire un’economia data in debole ripresa, oppure dovrà soccombere di fronte ad un cambiamento di cui nessuno oggi conosce la natura. La scelta a cui sono chiamati gli elettori, dunque, riguarda una prospettiva più ampia della prossima legislatura. Il nostro invito, citando (almeno parzialmente) Alcide De Gasperi, è quello di cercare, per quanto possibile, non politici, ma statisti. Donato D’Auria