Roma – A tre mesi dalle Elezioni Politiche del 4 Marzo, sembra terminata una crisi istituzionale senza precedenti per il Paese. Ieri pomeriggio, infatti, il nuovo Premier Giuseppe Conte e i suoi diciotto ministri hanno giurato nelle mani del Presidente Mattarella. Se il Governo avrà la fiducia di entrambe le Camere potrà entrare in carica, partecipando nella pienezza delle sue funzioni al prossimo Consiglio Europeo, annunciato come “decisivo”.
Riassumere in poche righe tutto ciò che é accaduto negli ultimi giorni é praticamente impossibile, visti tutti i colpi di scena e i cambi di fronte che hanno caratterizzato questo inizio di legislatura. Già il 23 maggio, infatti, Conte era “salito al Colle” e ottenuto l’incarico per formare un Governo basato sul “contratto” tra Lega e M5S. Il 27, tuttavia, sembrava tutto finito quando Mattarella ha fatto capire che non sarebbe stato disposto a nominare Paolo Savona Ministro dell’Economia. L’ipotesi più probabile, dato che nessun partito avrebbe votato la fiducia ad un eventuale esecutivo tecnico guidato da Carlo Cottarelli, era quella del ritorno alle urne. Proprio la paura di ritornare alle urne, tuttavia, ha modificato ancora gli equilibri: i sondaggi davano in crescita la Lega e in discesa il M5S, ma anche forze d’opposizione come Forza Italia. Con qualche piccolo cambiamento rispetto al disegno originale, dunque, il Governo “giallo-verde” ha preso il via.
É difficile descrivere il Governo appena nato, vista la sua natura “ibrida”. É certamente un esecutivo politico, ma si regge su un compromesso tra due forze politiche avversarie alle elezioni. Presenta i principali leader dei due partiti nella squadra dei ministri, ma non mancano gli esponenti “tecnici”, in molti ministeri importanti, come quello degli Esteri (guidato da Enzo Moavero Milanesi) e dell’Economia, assegnato al professore Giovanni Tria. Il nodo principale da sciogliere, tuttavia, resta legato alla figura del Premier: Giuseppe Conte non ha alcuna esperienza politica e si è trovato catapultato in una realtà come quella italiana, difficile da gestire anche per un politico di professione. Il rischio di rimanere ingabbiato dalle istanze dei due potentissimi “vice-premier” Salvini e Di Maio, dunque, é reale. Sarà tutta da valutare, inoltre, la tenuta del “contratto” di governo che, pur proponendosi di affrontare molti dei problemi del nostro Paese (Economia, corruzione e migrazione tra gli altri) é volutamente vago nel linguaggio e in molte delle soluzioni da proporre. Molti nodi, dunque, dovranno essere sciolti strada facendo e, quando questo accadrà, il Premier dovrà essere bravo a far convivere le tre “anime” di questo Governo (Leghista, Grillina, “tecnica”).
La nascita di questo Governo, inoltre, mette in evidenza la crisi del centro-destra, spaccatosi subito dopo il voto. Forza Italia, infatti, voterà contro la fiducia all’esecutivo, mentre Fratelli d’Italia, più volte vicino ad un accordo con Lega e M5S, dovrebbe astenersi. Tutta da decifrare la situazione, invece, la situazione nel Pd, diviso fra la tentazione di creare un unico “fronte europeista e repubblicano” con altre forze politiche ed un riavvicinamento con l’ex minoranza interna.
A novanta giorni dal voto, dunque, la nascita di un Governo riporta il nostro Paese fuori da un clima da campagna elettorale permanente. Il nostro augurio é che si possa tornare ad una normale dinamica politica, dove la minoranza parlamentare non sia tentata dalla creazione di una generica “Union Sacrée” contro il Governo, ma provi a riguadagnare consenso con contenuti e proposte di buon senso. Alla maggioranza, invece, il compito di andare oltre la dialettica elettorale e di provare a trovare soluzioni nuova per l’Italia. Donato D’Auria